Riunione tecnica oggi in Comune
Nel corso di un incontro svoltosi oggi in Comune sono stati esaminati i primi risultati della sperimentazione che dal maggio scorso vede coinvolti i profughi presenti a Rovereto nella pulizia della città. Gli esiti sono molto positivi, come hanno riferito sia i responsabili delle circoscrizioni coinvolte, sia i tutor e i coordinatori che hanno avuto il compito di accompagnare i partecipanti (14 migranti) in queste prime 10 settimane di lavoro. Va sottolineato che i profughi hanno lavorato gratuitamente e da volontari e che quelli che non hanno aderito al programma, l'hanno fatto solo per non perdere l'opportunità di andare a scuola di italiano. L'assessore Carlo Plotegher ha quindi preso atto con soddisfazione che si è prodotto proprio quanto si cercava di innescare: un circolo virtuoso di relazioni: tra chi accoglie e chi viene accolto. Ma anche una tangibile maggiore pulizia della città. Ed inoltre si sono registrati segnali importanti da parte dei residenti che hanno tempo libero - o sono sgravati da impegni di lavoro – i quali hanno espresso il desiderio di aderire o collaborare alla seconda fase del progetto che si concluderà a dicembre. L'incontro di oggi precedeva infatti la riunione che si terrà lunedì 18 luglio alla 14 nella sede della circoscrizione di Lizzanella dove prenderà il via il corso di formazione per la seconda squadra di altri 14 migranti impegnata nelle operazioni di pulizia della città con la collaborazione di Cinformi e della Jobs Cop. “La sperimentazione portata avanti permette di dire che anche nell'emergenza è possibile governare il fenomeno migratorio e costruire occasioni virtuose per la collettività” ha commentato Plotegher al quale è stata riferita anche la domanda pervenuta dal territorio: di attivare le squadre per altri lavori (tipo orti o giardineria) sulla scorta di quanto è avvenuto anche in Valsugana dove alcuni privati hanno acquistato dei voucher e hanno fatto richiesta dei migranti per lavori a pagamento. Va ricordato a tal proposito che per la normativa italiana il richiedente protezione non può lavorare. Può però farlo una volta che sono trascorsi i 60 giorni dalla richiesta di protezione internazionale (in gergo “C3”). Non è dunque escluso che si possa in futuro percorrere anche nuove vie di collaborazione con i privati che hanno dimostrato di aver gradito la sperimentazione e di averlo manifestato in vari modi: chiedendo ad esempio quando le squadre sarebbero passate oppure offrendo liberamente un panino o una bibita. Anche questi sono segnali importanti di una comunità capace di relazionarsi, di dare e di ricevere.
Ufficio Stampa e Comunicazione
15.7.2016