Emilio Vedova - oltre, l'altrove -


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Mostra in omaggio a EMILIO VEDOVA nel centenario della nascita avvenuta a Venezia nel 1919. Organizzata dalla Biblioteca civica "G. Tartarotti" di Rovereto a cura di Gianmario Baldi e Giovanni Dalbosco.

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Mostra in omaggio a EMILIO VEDOVA nel centenario della nascita avvenuta a Venezia nel 1919. Organizzata dalla Biblioteca civica "G. Tartarotti" di Rovereto a cura di Gianmario Baldi e Giovanni Dalbosco.

Quando e dove Dal 1 al 31 luglio 2020, Biblioteca civica, sala multimediale

Mostra "oltre, l'altrove" in omaggio a EMILIO VEDOVA nel centenario della nascita avvenuta a Venezia nel 1919. Organizzata dalla Biblioteca civica "G. Tartarotti" di Rovereto a cura di Gianmario Baldi e Giovanni Dalbosco.

Il titolo della mostra - oltre, l'altrove - nasce dalle esperienze di vita che formeranno nel tempo la sua posizione sociale e politica, in un vortice dilacerato, sempre dalla parte dei più deboli, come denuncia verso contrastanti sopraffazioni: la Spagna, l'America, il Biafra e l'Africa “che si appellano alla tua presenza non inerte”, impulsi, percezioni, parole timbro/spazio. “L'oltre”, l'allarme della scelta, per trovare una via completamente differente e nuova di “un altro mondo è possibile”.

Nel Suo “fare arte” l'oggetto non può essere rappresentato, sfugge, si sottrae alle definizioni per risultare, infine, una stratificazione di azioni e combinazioni materiche volte a riscattare l'essere dall'angoscia della morte e della vita mettendo in discussione ogni risposta che non sia fisica e concreta fino a una dimensione di spiritualità laica. Vedova spinge il colore/materia al limite del visibile, un magma informe, - parola – per o contro - dal magma del qualunque -, punta, -SI O NO- che va “oltre” in un immediato sentire. Il Suo “essere arte” si eleva a discorso cosciente con questi “quanti/messaggi” in continuo dirompersi, ripetuti inserti di una situazione sociale e esistenziale asfittica ma che nell'azione dell'essere umano trova nuova vitalità. Così come in Pollock che con il suo “dripping” entra nella tela, Vedova entra in un territorio aperto, con squarci di colore, plurimi, gesti e segni per cui non esiste più la pittura ma un'insieme di “non dove”, uno scontro/spazio, la non risposta, l'impossibile, un “oltre/altrove” all'infinito.

La “pittura” sono segni vissuti della Sua dimensione esistenziale. Dunque “ dal fare”, l'interrogativo del dopo, le possibili “teorie”, il luogo aperto dove la materia assurge a mistero, le tensioni che passano dentro lo schermo- la non/risposta che lascia una traccia, i Dischi”intrappolati?” che eccedono?...., sbandano, debordanti..... “ opposti oltre”, fermenti latenti di nuovi inneschi, di non facili prese, di impulsi trasversi, interrogativi sospesi, sincopati...., del senso dell'imprendibile limite, dello sporgersi “oltre”.

La passione, la rabbia e il furore attestano un attraversamento dell'esistere, “l'oltre, l'altrove”, come elemento preformante l'Arte di EMILIO VEDOVA.

Giovanni Dalbosco

BIOGRAFIA DELL'ARTISTA

Nato a Venezia nel 1919, Emilio Vedova dopo una solida formazione da autodidatta sui teleri dei maestri veneziani in particolar modo il Tintoretto della “Scuola grande di San Rocco”, inizia a “fare arte” intensamente dagli anni '30. Giovanissimo, nel 1942 aderisce al movimento antinovecentista “Corrente”. Nel 1944-45 partecipa alla Resistenza. E' tra i firmatari del manifesto “Oltre Guernica” a Milano nel 1946 e tra i fondatori della “Nuova Seccessione Italiana”, poi nel “Fronte Nuovo delle Arti” a Venezia (1 ottobre 1946). Ne esce nel 1948 con un violento intervento contro il Neorealismo imposto.

Per un breve periodo aderisce al “Gruppo degli Otto” da cui si dissocia con una dichiarazione pubblica nel convegno alla Fondazione Giorgio Cini il 4 ottobre 1954.

Dal 1945 il suo studio è a Venezia in Fondamenta Bragadin, storico studio, passerà poi alla Punta della Dogana dove concepisce e realizza i primi “Plurimi” veneziani, strutture estensibili, schegge incernierate (armi dinamiche), esposti in una prima mostra alla Galleria Malborough di Roma nel 1963/64 e presentati da Giulio Carlo Argan.

Nel 1968 trasferisce il suo “fare arte” ai “Saloni” Magazzini del Sale e dal 1976 in uno “squero – officina delle gondole -” alle Zattere.

Tiene una serie di “lectures” in Università come Berkeley, Pittsburgh, New York, Chicago e Los Angeles, poi a Cuba ecc. tra il 65/66 e 70/80.

Nel 1965/1969, e poi nel 1988, è docente presso la Internationale Sommerakademie fur Bildende Kunst di Salisburgo alla cattedra che fù di Osckar Kokoschka.

Dal 1975 al 1986 è docente all'Accademia di Belle Arti a Venezia.

Nel 1977 realizza i “Plurimi-binari” bifrontali (a terra, sospesi, a parete), e gli “Oltre”.

Dal 1958 inizia una nuova sperimentazione con i linguaggi dell'incisione: litografia, la punta secca, l'acquaforte e altre tecniche come la serigrafia adoperata come mezzo di denuncia vedi “per la Spagna, diario di Spagna, per l'Algeria, a Guevara. L'intenso lavoro grafico diventerà continuo fino ad arrivare a nuove sperimentazioni su laminati, plexiglas e materiali differenti.

E' del 1971 la realizzazione di “De America”, cartella in plexiglas con sei grafiche originali all'acquaforte e all'acquatinta accompagnate da “provocazioni” di Garcia Lorca, Majakovskij, Whitman, Ginsberg ecc. (Cartella presente in mostra)

Nel 2002 alcune Sue opere sono presenti all'inaugurazione del MART - Museo di Arte Contemporanea di Rovereto e Trento - nella nuova sede museale progettata da Mario Botta in collaborazione con Giulio Andreolli.

Muore a Venezia il 25 ottobre del 2006, un mese dopo la scomparsa di Annabianca.

 Giovanni Dalbosco

 

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